Il 17 settembre 2010 il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo n. 156 che istituisce l’ente territoriale di Roma Capitale.
Si tratta di un importante atto normativo che pone le basi per cambiamenti di competenze del Comune di Roma, della Provincia di Roma, della Regione Lazio e dei Municipi romani.
In quest'ultimo mese ho cercato di farmi un'idea sulle conseguenze di questa nuova norma ascoltando i diversi soggetti interessati dalla riforma.
Per la Provincia di Roma potrebbe essere l'occasione per riequilibrare le competenze tra la città di Roma e tutti i comuni che la circondano i cui destini sono quotidianamente intrecciati con quelli della Capitale (vedi ad esempio i 600.000 pendolari che quotidianamente si riversano nella capitale e che negli anni, come dimostrano recenti studi, sono destinati ad aumentare con l'aumento dei costi degli affitti nella città eterna).
I maggiori poteri di Roma Capitale rispetto ai comuni dell'hinterland comporteranno inevitabilmente uno sbilanciamento a favore della Capitale stessa, capace di attrarre maggiori investimenti e di condizionare lo sviluppo socio-economico dei comuni limitrofi. Da qui la proposta di far coincidere la futura area metropolitana con l'area della Provincia di Roma.
I maggiori poteri di Roma Capitale rispetto ai comuni dell'hinterland comporteranno inevitabilmente uno sbilanciamento a favore della Capitale stessa, capace di attrarre maggiori investimenti e di condizionare lo sviluppo socio-economico dei comuni limitrofi. Da qui la proposta di far coincidere la futura area metropolitana con l'area della Provincia di Roma.
D'altra parte il Comune di Roma, forte della riserva di legge derivata dall'art. 24 della legge 42/2009, sembra cogliere l'occasione per accentrare ancora di più i suoi poteri togliendoli alla Provincia, alla Regione Lazio e sorprendentemente anche ai Municipi, che già nel primo decreto incassano una diminuzione del loro numero, dagli attuali 19 a massimo 15.
Inoltre, contrariamente a quanto previsto dall'art. 3 comma 5 del suddetto decreto legislativo, la prevista autonomia amministrativa e finanziaria dei Municipi appare molto difficile da realizzare a causa di scelte bipartisan dei gruppi consiliari comunali chiamati ad approvare, entro il 20 maggio prossimo, il nuovo statuto di Roma Capitale.
Inoltre, contrariamente a quanto previsto dall'art. 3 comma 5 del suddetto decreto legislativo, la prevista autonomia amministrativa e finanziaria dei Municipi appare molto difficile da realizzare a causa di scelte bipartisan dei gruppi consiliari comunali chiamati ad approvare, entro il 20 maggio prossimo, il nuovo statuto di Roma Capitale.
Infine la Regione Lazio, che dovrebbe cedere molte delle sue attuali competenze amministrative, caratterizzandosi sempre più come ente legislativo, non sembra disposta ad una devoluzione dei propri poteri troppo conciliante minacciando il conflitto costituzionale appellandosi all'art.117 della Costituzione.
La mia personale opinione è che si tratti di una riforma di una importanza "capitale", da realizzarsi in un tempo troppo stretto, senza un adeguato coinvolgimento di tutti gli enti interessati, dei cittadini e dei vari soggetti sociali.
In particolare una riorganizzazione che portasse ad avere Municipi più grandi con ancora meno poteri, peggiorerebbe sensibilmente la qualità dei servizi offerti ai cittadini.
L'impressione che rimane è quella di una tendenza a sacrificare sull'altare del taglio delle spese (il risparmio previsto dalla diminuzione del numero dei Municipi romani è calcolato in 25 milioni di euro l'anno) anche la rappresentanza elettiva nei nostri Municipi i quali, anziché diventare comuni metropolitani come nelle grandi capitali europee, rischiano di perdere competenze e di ritornare ai poteri delle vecchie delegazioni allontanando sempre di più gli amministrati dagli amministratori.
In particolare una riorganizzazione che portasse ad avere Municipi più grandi con ancora meno poteri, peggiorerebbe sensibilmente la qualità dei servizi offerti ai cittadini.
L'impressione che rimane è quella di una tendenza a sacrificare sull'altare del taglio delle spese (il risparmio previsto dalla diminuzione del numero dei Municipi romani è calcolato in 25 milioni di euro l'anno) anche la rappresentanza elettiva nei nostri Municipi i quali, anziché diventare comuni metropolitani come nelle grandi capitali europee, rischiano di perdere competenze e di ritornare ai poteri delle vecchie delegazioni allontanando sempre di più gli amministrati dagli amministratori.
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