Domenica 27 settembre, si è chiusa la prima fase del congresso per l’elezione del segretario nazionale del partito democratico. Anch’io, come tutti gli altri iscritti, ho partecipato a quest’evento così importante per la vita del nostro partito.
Premetto che per me questo è il primo congresso vissuto da iscritto.
La scelta fra tre mozioni, fra tre possibili segretari, è stata una novità assoluta.
Ho letto più volte le 3 mozioni e ho partecipato a numerose manifestazioni pubbliche in cui le mozioni venivano presentate.
Non convinto ho partecipato a tutte le riunioni organizzate nel nostro circolo per la presentazione delle singole mozioni.
Nonostante tutto questo, sono arrivato alla vigilia del voto congressuale senza aver ancora effettuato la scelta.
Ma da cosa derivavano queste mie incertezze?
Innanzitutto dalla stima nei tre candidati. Personalmente li considero persone rispettabili dalle quali mi sentirei in ogni caso garantito nel momento in cui fossero nominate segretario.
Poi dalle cose condivisibili che, fortunatamente aggiungerei, ho letto nelle tre mozioni.
Ma il voto incombe, e quindi è necessario decidere, non è possibile astenersi…
Ho deciso allora di analizzare ancora una volta le singole mozioni alla ricerca di qualcosa che non si trova nelle altre. Con l’aiuto del computer ho effettuato una ricerca testuale. E così ho trovato che solo nella mozione Marino si chiede esplicitamente un partito senza correnti. Quelle stesse correnti che in questi 18 mesi hanno immobilizzato il PD con reciproci veti incrociati facendo sentire la loro voce spesso discordante con la linea del segretario. Quelle correnti che giocoforza appoggiano Bersani e Franceschini e che ne condizioneranno inevitabilmente le scelte soprattutto in materia di riconoscimento di diritti civili e di autodeterminazione in materia di cure mediche.
Scegliendo Marino ho scelto di sperare in un partito profondamente rinnovato.
Un partito che sappia ascoltare la gente comune senza suscitare sentimenti di antipatia per incapacità di comunicare con la stessa lingua delle persone.
Un partito imperniato sugli iscritti, ma aperto al contributo dei suoi elettori.
Un partito dove si discuta di tutto senza veti preventivi, si decida e si condivida la decisione a partire dai vertici per finire all’ultimo militante.
Un partito attento e responsabile, che ci faccia andare a testa alta tra la gente senza la necessità di dover giustificare l’ultimo avviso di garanzia arrivato a qualche sciagurato amministratore locale.
Un partito che non consenta più a nessuno di dire “tanto destra o sinistra siete tutti uguali”.
Franceschini e Bersani, pur con le innegabili differenze, li ritengo troppo compromessi con il vecchio modo di fare politica per poter garantire questi desideri.
Marino, a mio parere, rappresenta invece l’ultima speranza per i tanti elettori del centrosinistra (senza trattino) di rientrare in questa casa che tutti noi vogliamo più grande, più solida, più ospitale per rinnovare il PD e renderlo capace di tornare al governo fra tre anni.
Infine ho l’impressione che un partito in non buone condizioni di salute come il nostro possa trarre beneficio da un medico chirurgo abituato ad incidere e tagliare dove e quando c’è bisogno...
lunedì 28 settembre 2009
Perchè scelgo Marino
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